Tolleranze in edilizia

Le tolleranze costruttive in edilizia sono state introdotte dal Decreto Semplificazioni e riportate all’interno del Testo Unico sull’Edilizia DPR 380/2001. Definite nella percentuale pari al 2% delle dimensioni riferite a: distanze-distacchi, altezza, superficie coperta, cubatura e altri parametri. Si riferiscono solo alle singole unità immobiliari e comprendono irregolarità geometriche, modifiche delle finiture, collocazione degli impianti e opere interne eseguite durante i lavori previsti dal titolo edilizio. Queste tolleranze sono da considerarsi valide anche per gli abusi edilizi.

Nel Decreto Semplificazioni del 2020 è stato abrogato l’ultimo comma dell’art. 34 (2-ter) presente all’interno del Testo Unico dell’Edilizia relativo alle tolleranze del 2% ed è stato inserito l’articolo 34-bis che amplia la fattispecie delle tollerabilità.

Il nuovo articolo riporta infatti che: “Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo”.

Di conseguenza tutto quello che rientra in questa tolleranza costruttiva non può essere ritenuto una difformità o abuso.

Le tolleranze costruttive in edilizia , come si evince dall’art. 34-bis comma 1 del DPR 380/01, si riferiscono a singole unità immobiliari e non all’intero edificio. Questa precisazione facilita di molto la verifica da parte del professionista. 

E’ molto importante sapere che le tolleranze sono riferite anche ad altri parametri quali: superficie utile, superficie coperta, superficie non residenziale, ecc. Da confrontare con le misure approvate nel titolo edilizio rilasciato.

Il comma 2 dell’art.34-bis del DPR 380/01 riporta: “Fuori dai casi di cui al comma 1, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile”.

Proprio per quanto riguarda gli impianti e la loro collocazione all’interno dell’unità immobiliare, si può ad esempio pensare alla posizione della canna fumaria. Elemento che spesso aveva una posizione non definitiva. Ad ogni modo la presenza della canna fumaria all’interno dei disegni o la sua indicazione nella relazione tecnica allegata al titolo edilizio, è una condizione sufficiente per poter legittimare la presenza dell’impianto nell’unità immobiliare.

Il comma inoltre riguarda le “opere interne eseguite durante i lavori previsti dal titolo edilizio”. Questo significa che, ad esempio, se in passato avessi progettato un muro (o una porta) e durante i lavori quest’ultimo fosse stato posizionato diversamente da quanto riportato nel titolo edilizio, ad oggi, tale difformità non necessita di sanatoria e non costituisce abuso edilizio. Questa tolleranza riguarda solo le opere interne che non pregiudichino l’agibilità o che non siano contrarie alla disciplina urbanistica.

Diverso è invece l’esempio riferito alla realizzazione di un controsoffitto. Questo se in posizione differente, rispetto a quanto autorizzato, e che pregiudica l’altezza minima, allora si dovrà intervenire per “regolarizzare” la difformità.

Anche per interventi sugli esterni, se ad esempio una finestra riporta dimensioni o posizione differente. Dimensione maggiore di un balcone che risulta quindi più ampio. Realizzazione di una veranda o di un porticato aggiungendo quindi un volume. In tutti questi casi si dovrà rendere conforme la difformità con il titolo edilizio rilasciato. Stesso dicasi anche per la diversa posizione dell’edificio.

Osservando anche il comma 3 dell’art-34-bis :”Le tolleranze esecutive di cui ai commi 1 e 2 realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero, con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.

Per poter quindi sanare la difformità è sufficiente dichiarare all’interno dell’atto abilitativo (CILA, SCIA, Permesso di Costruire) che tale differenza rientra tra le tolleranze previste dall’art.34-bis del DPR 380/01.

Nella parte finale del comma 3, si parla del trasferimento dell’immobile, ad esempio tramite compravendita. E’ possibile purché un professionista abilitato (geometra, ingegnere, architetto, perito edile) asseveri l’assenza di violazione edilizia ai sensi della normativa attuale. Nasce così, il certificato di stato legittimo.

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